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Dolore Orofacciale

Riassunto

Il Dolore Orofacciale contestualmente ai Disordini Temporomandibolari sono fenomeni fisiopatogenetici molto complessi che nonostante il dilagare degli protocolli clinici a disposizione del clinico, devono essere considerati in modo obiettivo ma critico. Se consideriamo i casi clinici già presentati e le limitazioni descritte riguardo all'errore di misurazione , la logica di linguaggio macchina con il processo di decriptazione del codice e le limitazioni delle procedure statistiche Bayesane ci possiamo rendere conto come una diagnosi differenziale tra un Dolore Orofacciale da Disordini Temporoamndibolare e Dolore Orofacciale da Distonia oromandibolare non è proprio così ben apprezzabile. Presenteremo, perciò, due casi clinici che evidenzieranno i punti essenziali metodologici e clinici per eseguire una rapida e dettagliata diagnosi differenziale tra Dolore Orofacciale da Disordini Temporoamndibolare e Dolore Orofacciale da Distonia oromandibolare

 

Masticationpedia
Article by  Gianni Frisardi

 

Introduzione

Come ormai consueto nella presentazione di nuove sezioni di capitoli specifici è bene introdurre riferimenti recenti e documentati sull'argomento trattato che in questo caso è il 'Dolore Orofacciale' e contestualmente i Disordini Temporomandibolari (DTM). In questo senso possiamo riportare parzialmente una sintetica introduzione di Martina Ferrillo et al.[1] su cui faremo delle prime riflessioni concettuali riportate, come sempre, dal nostro pensieroso Linus prima di procedere alla presentazioni dei casi clinici.

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L'autore evidenzia che la comorbilità dolorose orofacciali e del collo sono spesso associate al DTM.[2] Queste condizioni coesistenti (in particolare mal di testa, emicrania e dolore al collo) non solo sono altamente associate a DTM correlati al dolore cronico, ma aumentano anche il rischio del loro sviluppo.[3][4][5] La classificazione internazionale delle cefalee (ICHD)[6] e la DC/DTM[7] considerano rispettivamente le principali caratteristiche del dolore nella cefalea e nella DTM. Esistono diverse ipotesi che tentano di spiegare l'associazione tra DTM e mal di testa, tra cui la convergenza neuronale, la sensibilizzazione centrale e l'inibizione dei meccanismi di downregulation del dolore discendente.[8][9] La stretta relazione tra DTM, mal di testa e dolore al collo è stata recentemente valutata non solo in termini di condivisione di meccanismi patogenetici e caratteristiche cliniche comuni, ma anche considerando che una condizione potrebbe influenzare o promuovere lo sviluppo di un'altra.[10][4][11] Queste condizioni possono causare dolore facciale e sono frequentemente associate allo sviluppo di allodinia craniofacciale durante l'esacerbazione dolorosa.[12] In effetti, il dolore in entrambe le condizioni è stato attribuito a comuni disfunzioni dei meccanismi centrali di regolazione del dolore.[13][14] D'altra parte, la concomitanza di DTM ed emicrania ha mostrato livelli peggiori di iperalgesia e allodinia cutanea, probabilmente a causa della sensibilizzazione del sistema nervoso centrale e periferico e della compromissione delle vie modulatorie discendenti del dolore.[15][16]

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L'incertezza della misura Tutto vero e tra l'altro anche molto coinvolgenti gli argomenti da un punto di vista intellettuale ma bisognerebbe tener in conto delle serie di asserzioni poste come la convergenza neuronale, l'inibizione dei meccanismi di downregulation del dolore discendente,[8][9] la allodinia,[12] contestualmente al concetto di misura che inevitabilmente incorpora una incertezza. Abbiamo riportato uno studio (Esplorare l'elettroencefalografia con un modello ispirato alla meccanica quantistica) molto interessante che ha dimostrato l'esistenza di un errore nella misura dello EEG definendo un analogo principio di indeterminazione di Heisenberg denominato modello quasi-quantistico che ha portato a un valore minimo costante di incertezza nella misura EEG su e di . Si noti che l'unità di è il risultato del campionamento dell'EEG a 250 Hz e della massa considerata come unità. Ciò ci dovrebbe far riflettere sulla interpretazione dei risultati delle ricerche di laboratorio perchè, come vedremo nella presentazioni dei successivi casi clinici, l'errore diagnostico è dietro l'angolo. Bastano di errore nella misura specifica del distretto neuronale in esame per fare una diagnosi di Dolore Orofacciale quando invece si è in presenza di un tumore cerebrale che coninvolgeva lo stesso distretto nervoso e simula la sintomatologia del Dolore Orofacciale da Disordini Temporomandibolari.

Ci vuole, dunque, obiettività, umiltà scientifica e un cambio di forma mentis nell'interpretazione dei fenomeni biologici, argomento che affronteremo nella sezione 'Scienza Straordinaria'

In questa fase, però, è opportuno fare un pò di ordine dei contenuti riprendendo i riferimenti già anticipati riguardo alla classificazione del Dolore Orofacciale ed DTM ma in modo più specifico per affrontare i casi clinici a seguire.

I disturbi temporomandibolari (TMD) sono un gruppo di condizioni muscoloscheletriche e neuromuscolari che colpiscono i muscoli masticatori, l'articolazione temporomandibolare (TMJ) e le altre strutture associate.[7] Secondo i criteri diagnostici per il DTM (DC/DTM), come già riportato, nello 'Asse I', il DTM potrebbe essere suddiviso in disturbi intra-articolari, tra cui spostamento del disco, artralgia, artrite e artrosi e disturbi muscolari.[7] Questi ultimi sono definiti anche “DTM miogenici”, che possono essere ulteriormente classificati in: mialgia locale, se il dolore è localizzato durante la palpazione; dolore miofasciale, se il dolore si diffonde all'interno del territorio muscolare palpato; e dolore miofasciale, se il dolore si diffonde oltre il confine dei muscoli masticatori.[7]

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Figure 1: Trasmissione efaptica

Logica di linguaggio macchina

Riguardo ai “DTM miogenici” non è così semplice come appare alla descrizione dello 'RDC' perchè come abbiamo evidenziato per la nostra povera paziente 'Mary Poppins' in cui il dolore muscolare ed la destrutturazione ossea dell'ATM avevano occultato, in una logica di linguaggio classica, un danno organico molto più grave che al di là delle classificazioni si è potuto risolvere, dopo 10 anni di pellegrinaggio tra specialisti vari. Soltanto acquisendo una logica di linguaggio macchina si è potuto interpretare il codice criptato della 'Trasmissione Efaptica'. (Figura 1) Detto questo, ben vengano le classificazione ma non l'utilizzo di una logica di linguaggio verbale che rimane, comunque, un fenomeno vago ed ambiguo. Le logiche di linguaggio formali come quella matematica, invece, è certa nel senso che l'equazione non ha soluzioni nell'insieme dei numeri reali perché in questo insieme non esistono numeri il cui quadrato sia negativo. Si definisce allora il valore chiamato unità immaginaria che gode della seguente proprietà: Non esiste in matematica l'equazione come invece succede nella diagnostica medica. Senza entrare in argomenti troppo specialistici che, comunque, affronteremo nella sezione 'Scienza Straordinaria' in una logica di linguaggio verbale, l'incertezza è molto superiore a quella che si verifica in una logica di linguaggio macchina perchè la Poppins poteva essere affetta, da come sono andate le cose, da mioalgia, DTM, vasculite, Morfea oppure da spasmo emimasticatorio mentre la 'Trasmissione efaptica' (linguaggio macchina) è e rimarrà per sempre un danno organico e l'interpretazione clinica non può essere dicotomica come nel linguaggio classico.

Una recente revisione sistematica e meta-analisi, con un campione combinato di 2518 soggetti, ha suggerito che la prevalenza di DTM potrebbe variare dal 25,2% al 34,9%,[17] con una predominanza della diagnosi di dolore miofasciale (10,3-15,4%). Mentre uno studio di Javed Ashraf et al.[18] utilizzando la metodologia statistiche bayesiana, mirava a esaminare l'associazione del dolore correlato a DTM con forti mal di testa (emicrania e TTH) per un periodo di follow-up di 11 anni rispetto all'approccio frequentista. Le statistiche frequentiste soffrono di alcune limitazioni, soprattutto la dipendenza da grandi dimensioni del campione per determinare con precisione le dimensioni dell'effetto.[19] Inoltre, contrariamente alla metodologia frequentista, le statistiche bayesiane non forniscono un valore di risultato (fisso) ma piuttosto un intervallo contenente il coefficiente di regressione.[20] Questi intervalli, detti intervalli credibili (CI), attribuiscono una probabilità alla migliore stima tra tutti i possibili valori delle stime dei parametri.[19]

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Probabilità simil-quantistica

Siamo d'accordo con le considerazione emerse nello studio di Buchinsky et al.[18] perchè forse o per fortuna non saremo mai in grado di realizzare una logica di linguaggio formale in medicina, come succede nella matematica, vista l'aleatorietà intrinseca dei modelli biologici. Anche i modelli di Bayes, però, incorporano un limite concettuale che se superato migliorerebbe il dato probabilistici e contestualmente il valore predittivo in uscita. In breve la formula di Bayes appare sotto questa forma:

Si può quindi notare che per calcolare il valore predittivo del test occorre conoscere, al di là della sensibilità e specificità, anche la probabilità  con cui la malattia colpisce la popolazione complessiva . Pertanto un buon test è un test con sensibilità e specificità molto vicine a a sappiamo tutti che questo è impossibile ed anche sbagliato per certi versi. Lo scarso valore aggiunto, in termini di informazione, che i marcatori tumorali, per esempio, forniscono alla diagnosi, rappresenta il razionale per cui se ne sconsiglia l’uso come test di screening in una popolazione non selezionata. Lo stesso potrebbe succedere per i valori predittivi riguardo la DTM culminando in una massiva classificazione di malati .

Senza entrare in argomenti specialistici cerchiamo di descrivere brevemente il razionale di questa affermazione facendo notare, principalmente le differenze tra una modello probabilistico classico e quantistico.( per maggiori informazioni ma molto specialistiche vedi 'Modellazione quantistica in biologia con sistemi e strumenti quantistici aperti')

Nella probabilità classica (CP) la distribuzione di probabilità può essere calcolata dalla probabilità e dalle probabilità condizionate . Nella probabilità quantistica (QP), la Formula delle Probabilità Totali (FTP) classico è perturbato dal termine di interferenza (Khrennikov, 2010);[21] per le osservabili quantistiche dicotomiche e di tipo von Neumann, cioè date dagli operatori hermitiani e , la versione quantistica di FTP, allora, avrà la forma:

Se il termine di interferenza è positivo, allora il calcolo QP genererebbe una probabilità maggiore della sua controparte CP data dal classico FTP. In particolare, questa amplificazione di probabilità è alla base della supremazia del calcolo quantistico. Esistono numerosi dati statistici provenienti dalla psicologia cognitiva, dal processo decisionale, dalla biologia molecolare, dalla genetica e dall'epigenetica che dimostrano che i biosistemi, dalle proteine e cellule (Asano et al., 2015b)[22] agli esseri umani (Khrennikov, 2010,[23] Busemeyer e Bruza, 2012[24]) usano questa amplificazione ed operano con aggiornamenti non di PC.

Se volessimo scendere un pò più in dettaglio su questo argomento ci accorgeremmo immediatamente che il limite dei linguaggi sta nel fatto che in medicina si è cognitivamente abituati a considerare le variabili ( sintomo/malattia e viceversa) dipendenti e perciò commutabili. Se un paziente è sintomatico e dunque malato ed un paziente malato è sintomatico così si spiegano i termini 'variabili dipendenti e la commutabilità'. Nella probabilità quantistica le variabili sono considerate indipendenti e non commutano e dunque il risultato potrebbe essere il seguente:

«Un soggetto asintomatico potrebbe essere malato?»
(Forse si e forse no, dunque, ciò spiega l'indipendenza e la non commutabilità)

Conclusione

Il Dolore Orofacciale contestualmente ai Disordini Temporomandibolari sono fenomeni fisiopatogenetici molto complessi che nonostante il dilagare degli protocolli clinici a disposizione del clinico, devono essere considerati in modo obiettivo ma critico. Se consideriamo i casi clinici già presentati e le limitazioni descritte riguardo all'errore di misurazione , la logica di linguaggio macchina con il processo di decriptazione del codice e le limitazioni delle procedure statistiche Bayesane ci possiamo rendere conto come una diagnosi differenziale tra un Dolore Orofacciale da Disordini Temporoamndibolare e Dolore Orofacciale da Distonia oromandibolare non è proprio così ben apprezzabile. Presenteremo, perciò, due casi clinici che evidenzieranno i punti essenziali metodologici e clinici per eseguire una rapida e dettagliata diagnosi differenziale tra Dolore Orofacciale da Disordini Temporoamndibolare ( 4° Clinical case: Temporomandibular disorders​​) e Dolore Orofacciale da Distonia oromandibolare ( 5° Clinical case: Spontaneous Electromyographic Activity​​)

Bibliography & references
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